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Enrico Letta, caro al
nostro cuore, ieri ha dichiarato essere l'Italia un Paese in cui vige lo stato
di diritto. Facile a dirsi, più difficile provarlo.
Diritto al lavoro? Oltre il 35 % di disoccupati giovani fino ai 38-40
anni, un potenziale esplosivo a forte rischio Diritto alla sicurezza?
Violenza e illegalità sempre più crescenti e diffuse Uguaglianza dei
cittadini di fronte alla Legge? Due casi emblematici a confronto: Berlusconi
e De Benedetti. Il primo, grande e, forse, primo contribuente italiano
condannato per evasione fiscale; il secondo, tranquillamente residente
all'estero, risarcito con 500 milioni di euro dopo un "lodo" da lui stesso, a
suo tempo, definito equo.
Tripartizione bilanciata dei poteri? Un ordine, quello giudiziario, è
diventato potere pressoché assoluto e, senza il filtro lungimirante
dell'immunità parlamentare pensato dai padri fondatori costituenti, ha assunto
status, ruoli e funzioni abnormi senza alcun altro esempio analogo nelle società
democratiche occidentali.
Per non parlare di ciò che sta creando la crisi economica e il clima di
insicurezza sociale: un carabiniere che ruba una borsetta di una persona
assassinata per giocarsi il denaro sottratto; lo scandalo di Equitalia di cui ci
auguriamo di conoscere presto gli esiti con la stessa esibita esemplare rapidità
usata con il Cavaliere.
Caro Enrico, così vanno le cose nel nostro Paese e, mentre il tuo amico-nemico,
il Fonzie fiorentino, ti sottopone a
irresponsabili quotidiane docce scozzesi, nessuno ha il coraggio di dire
che se non riusciamo a tenere dritta la bara di un governo di larghe intese,
il rischio è la guerra civile con qualche
prevedibile soluzione autoritaria.
Saluti
Ettore Bonalberti
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