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Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

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16/09/2015

LMCA: il caso Olmo. Ergastolo!

Il ciabattino di piazza Marconi uccide la moglie e il garzone per amore... Un processo che appassionò gli alessandrini e richiamò in città i migliori inviati delle più importanti testate nazionali

   

LMCA: il caso Olmo. Ergastolo!

La puntata di martedì 16 giugno de ‘La Mia Cara Alessandria’ condotta da Piercarlo Fabbio sulle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nelle sezioni podcast sui siti www.fabbio.it e www.ritrattidall’alba.it, si apre con un richiamo a ‘Vecchio Frack’ - la celebre canzone di Domenico Modugno - che arriva in Hit Parade solo nel 1958 (dopo il successo di ‘Nel blu dipinto di blu’), ma nasce un anno prima forse da un fatto di cronaca (il suicidio di un giovane della nobiltà romana), o forse ispirato da un saggio di Riccardo Pazzaglia, allora allievo regista al Centro Sperimentale per la Cinematografia di Roma.
Negli anni Cinquanta, finita la guerra, la gente torna a occuparsi del quotidiano e nella cronaca spuntano fatti più o meno gravi. Persino in una città media della provincia italiana, come Alessandria, il consueto tran tran di ogni giorno viene bruscamente interrotto da episodi straordinari. Quelli di cronaca nera appassionano di più gli alessandrini contemporanei e forse sono giunti a noi con lo stesso impatto con cui avevano colpito i nostri genitori. Un’Alessandria ‘nera’ come l’ha soprannominata un grande maestro del racconto giornalistico del genere, Corrado Testa. “Lavoriamo con lui, come se ancora fosse qui – propone Fabbio – per ricostruire uno dei fatti più clamorosi del dopoguerra: il caso Olmo”.

È l’amore, la passione più travolgente a guidare il gesto insano di Emilio Olmo, all’epoca dei fatti 42enne. Il 2 febbraio 1954 e nei pressi della bottega del ciabattino in piazza Marconi fa ancora freddo, ci vuole il cappotto. Le giornate sono corte e il buio sta arrivando in quel tardo pomeriggio. Vicino alla bottega c’è trambusto, almeno tre ambulanze arrivano a sirene spiegate e portano via tre feriti. Pare ci sia stato un tentativo di rapina, finito male. I ladri hanno preso a sprangate quelli che si trovavano nel negozio: il titolare sembra il meno malconcio, mentre ben più gravi appaiono da subito le condizioni della moglie Costantina Masuello e del garzone Francesco Dametto. Olmo, ferito lievemente, si salvò, mentre gli altri due morirono in ospedale con il cranio spaccato. Una rapina finita in tragedia? Dalle prime perquisizioni inquirenti, carabinieri e questura capirono che la ricostruzione dei fatti resa dallo stesso Olmo, pur se ancora sotto choc, non teneva. Una perizia in Corte d’Assise rivelò che lo stato di choc era solo simulazione. Tutto si basava sul fatto che i presunti ladri non avevano toccato il mezzo milione di lire – cifra molto consistente per l’epoca – che vi era in cassa. Oltretutto alcune lettere d’amore facevano pensare più a un delitto passionale.
Ma com’erano andati i fatti in realtà? Tra l’Olmo e la moglie del Dametto, Matilde Calomino, vi era una focosa relazione. Il garzone era solito maltrattarla, mentre la moglie di Olmo, nell’intimità, si dimostrava “fredda come il ghiaccio”; in più non aveva saputo dargli un figlio. Olmo, originario di Belveglio in provincia di Asti, aveva raccolto unanime stima anche in città. Lavorando duro si era faticosamente formato una buona clientela e la bottega era ormai bene avviata. Decise dunque di porre fine all’esistenza di coloro che si frapponevano al suo amore per Matilde.

Freddo come un killer, si sbarazzò in un colpo solo del garzone e della moglie colpendoli con una spranga di ferro, poi inscenò la rapina ferendosi con la stessa. Pochi giorni prima dell’efferato gesto, Matilde - avvenente e giovane bruna di origine calabrese - gli aveva fatto sapere che aspettava un figlio suo. Probabilmente da lì la decisione di agire. E in fretta. Il processo si svolse nell’estate seguente. Iniziò il 30 giugno e terminò dopo 14 giorni di dibattimento. Olmo era più volte caduto in contraddizione. La sua versione dei fatti era che il Dametto gli aveva chiesto un prestito di 10mila lire ritenendolo impossibilitato a tirarsi indietro visto che aveva una relazione con sua moglie (di cui il Dametto era dunque a conoscenza). Una sorta di ricatto. Al rifiuto di Olmo (che avrebbe risposto “E tu vai con la mia”) il garzone sarebbe ritornato con la spranga e colpito il calzolaio. Nella colluttazione che ne seguì Olmo dichiarò di aver colpito il Dametto e anche sua moglie accorsagli in aiuto afferrando per i capelli il ciabattino per tentare di fermarlo e prendendo così le difese del Dametto.

L’ipotesi della rapina era dunque già tramontata e Olmo tentava quella della legittima difesa. Venne condannato all’ergastolo. “La scoperta dell’amore vero e con probabilità anche del sesso più appassionato al di fuori dei rigidi schemi matrimoniali – giustifica i fatti, Corrado Testa - avevano indotto Emilio Olmo a liberarsi non solo della moglie e del marito di lei, ma anche di un mondo in cui non si riconosceva più e da cui voleva uscire in qualsiasi modo (…) Quella del calzolaio di piazza Marconi fu prima di tutto una ribellione contro un modello di vita” da cui voleva a tutti i costi fuggire" (Corrado Testa, ‘Alessandria nera’, Torino, 2000).

Recluso nel penitenziario di Porto azzurro all’Isola d’Elba, Olmo divenne un detenuto modello. Durante uno dei permessi d’uscita per vendere souvenir, conobbe Maria Lippolis che poco dopo sposò in carcere. Ottenuta la grazia alla fine degli anni Settanta, giunse inaspettato in Trentino a casa della moglie che scoprì convivere, a sua insaputa, con un altro uomo. Ancora una volta, furioso per la gelosia, si trasformò: brandì il coltello e tentò di ucciderla. Fu arrestato e ricondotto in carcere a Mondovì dove morì il 25 maggio 1984, trent’anni dopo l’omicidio di piazza Marconi.

La rubrica ‘Reclame d’annata… però’ propone ‘Guida dei campi di battaglia Michelin’ (in ‘La Tribuna’ del primo febbraio 1920).
Per i ‘Proverbi’ - oltre al 16 giugno, dedicato al Beato Guglielmo di Monferrato, e dunque santificazione di casa nostra (anche se con i Guglielmo monferrini gli alessandrini non sono mai andati troppo d’accordo) - un paio di detti, propri del mese: “Se ‘l castagni i fiurisso a giügn, strensa el pügn” (“Se i castagni fioriscono a giugno sarà troppo presto e ti toccherà stringere il pugno, perché il raccolto sarà assai ridotto”) e il meno pessimista “Bel temp a giügn, abundonsa ad gron” (“Se a giugno fa bel tempo vi sarà un abbondante raccolto di grano); senza dimenticare che “Su piova a San Medard [l’8], quaronta dì i son dard” (“Se piove a San Medardo, farà poi brutto per quaranta giorni”) e senza contare quelli su San Giovanni Battista (24) - di cui si è già detto molto in altre occasioni - e sui Santi Pietro e Paolo, forse argomento delle prossime trasmissioni.

In chiusura di puntata ‘L’almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria’ che ricorda il Beato Guglielmo Rubone da Cortemiglia e la playlist della settimana ‘Musiche per film d’animazione’: ‘Aladdin’, ‘Cenerentola’, ‘Fantasia’, ‘Il Re Leone’, ‘La bella addormentata nel bosco’, ‘L’era glaciale e Shrek’.

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria