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Golpe finanziario: la politica è gregaria
Che la
globalizzazione, con il prevalere della finanziarizzazione dei sistemi, punti a
scassare le democrazie è provato palesemente da ciò che accade in Italia: dal
“golpe blanco” del Novembre 2011, con la sostituzione dell’ultimo governo
espressione di una leadership votata dal popolo e dai seguenti governi a guida
Monti, Letta sino all’attuale di Matteo Renzi.
A livello
internazionale succede che, superato il principio del NOMA (Non Overlapping
Magisteria), rovesciata la gerarchia tra etica, politica, finanza ed economia, è
la finanza che detta gli obiettivi costringendo l’economia e la politica al
ruolo servente, facendo trionfare a livello etico l’esclusivo perseguimento del
profitto a breve, senza alcuna attenzione per il bene comune.
Annullata nel 1999,
per responsabilità del presidente USA Bill Clinton, la legge bancaria Glass
Stegall del 1933, sotto la pressione dei grandi gruppi finanziari (Lehman
Brothers, Goldman Sachs, Morgan Stanley), fu superata la netta separazione tra
attività bancaria tradizionale e l’attività bancaria di investimento. In base a
quella legge, infatti, le due attività non poterono più essere esercitate dallo
stesso intermediario ( periodo 1933-1999), realizzandosi così la separazione tra
banche commerciali e banche di investimento. Con il superamento intervenuto di
quella separazione, il prevalere nelle banche dell’attività di speculazione
finanziaria a breve e l’invenzione luciferina dei futures e dei derivati, si è
giunti alla grave crisi finanziaria mondiale del 2007-2008. Con essa si è
diffusa la pandemia dei derivati, che, di quella stagione di primazia della
speculazione finanziaria, è la peste bubbonica che ammorba tuttora il sistema
bancario e finanziario a livello globale.
Una pandemia che,
oltre alle conseguenze dirette sul piano delle politiche monetarie
internazionali, produce effetti devastanti sugli stessi processi di
democratizzazione in atto o emergenti nei diversi Paesi, nei quali viene sempre
meno il ruolo degli stati nazionali, mentre si scarica sui ceti popolari, a
partire dal terzo stato produttivo e su quello dei diversamente tutelati, i
costi del debito complessivo accumulato dai derivati oggi stimati del valore
pari a circa 10 volte il PIL mondiale.
La Banca dei
regolamenti internazionali (BRI) ha pubblicato uno studio statistico
sull'ammontare dei prodotti derivati nel mondo alla fine del 2013, arrivato
ormai all'incredibile cifra di 710.000 miliardi di dollari (710.000.000.000.000
$). Tanto per comparare, il PIL degli Stati Uniti nel 2013 è stato di 16.000
miliardi di dollari, circa 44 volte meno. Questa massa di prodotti derivati è
superiore del 20% rispetto al record precedente, raggiunto prima della crisi del
2008. Si parla spesso di bolle speculative, nelle azioni, nelle obbligazioni o
nelle materie prime, di tutte, questa è la più gigantesca. Si pensi che il PIL
di tutti i paesi del mondo nel 2013 era pari a 73.982 miliardi di dollari.
L’ammontare dei derivati è quindi 10 volte il PIL mondiale! Negli ultimi 15
anni, mentre il PIL mondiale cresceva del 9% annuo, i derivati sono cresciuti
annualmente del 52%.
Uno degli effetti immediati e riconoscibili del prevalere della finanza
internazionale che scarica i suoi tragici errori sui sistemi interni nazionali è
il recente decreto legge dell”Investment compact” assunto a Gennaio dal governo
Renzi per l’accorpamento e fusione delle banche Popolari. Un provvedimento tanto
decantato dal “giovin signore fiorentino”, che il prof. Sapelli in
un’intervista rilasciata a Sergio Luciano su Italia Oggi del Gennaio scorso, non
ha esitato a definire un autentico “golpe”. Il professore, storico dell’economia
e editorialista del Messaggero, alla domanda di Sergio Luciano: “Cos’è, ci
risiamo con i complotti dei poteri forti stranieri e della Goldman Sachs?
Risponde così: “Non ci scherzi troppo. C’è oggettivamente oggi sull’Italia un
grumo di connessioni internazionali, di pressioni, dinanzi al quale il governo
non ha una risposta. Un blitz del genere, per esempio, mette in pregiudizio
anche la figura di Padoan, il ministro dell’Economia è lui. Mi stupisce che un
uomo avveduto qual è abbia acconsentito a una cosa del genere.”
Si possono
sintetizzare così gli effetti economici della finanziarizzazione internazionale,
citando ciò che ha evidenziato il prof. Marco Vitale in una sua recente
lectio magistralis, il 9 Marzo scorso a Castellanza sul tema “Il Processo di
trasformazione del sistema bancario e finanziario”: Niente investimenti=
Niente Innovazione=Niente Occupazione. Ed è proprio quello che sperimentiamo
ogni giorno in Italia e in Europa, un dramma cui affannosamente cerca di porre
rimedio Mario Draghi responsabile della BCE. Dopo il Quantitative Easing, con
l’acquisto di quantità predeterminate di attività finanziarie delle banche del
sistema europeo, sin qui rivelatosi insufficiente, ha introdotto l’ultima novità
della scienza economica bancaria dei prestiti a tassi negativi per le Banche che
prestano alle imprese e alle famiglie, a sostegno questa volta dell’economia
reale, almeno si spera, dopo che per diversi tempo sono state foraggiate a tassi
di convenienza minimi per rincorrere bilanci in perdita sovraccaricati da
futures e derivati mai risanati e , probabilmente non risanabili. Tanto che,
proprio il Prof. Vitale concludeva quella sua lectio con queste frasi: “se
non si cambia il pensiero dominante, se non si smantella la finanziarizzazione
del mondo, non solo non ci sarà nuova occupazione, ma ci sarà una nuova
catastrofe finanziaria ed economica peggiore di quella del 2007-08”.
Ai voleri dei poteri finanziari che dominano il mondo, tuttavia, quanto sin qui
richiesto ai fedele esecutori politici non basta. Non basta, com’ è accaduto in
Italia, facilitare il processo di fusione e accorpamento decisi dall’”Investment
compact” delle banche Popolari e del credito cooperativo, o introdurre il bail
in, l’indecente provvedimento assunto a livello europeo a danno dei correntisti
depositari dei loro risparmi oltre il limite dei 100.000 €. Per completare
l’opera al “giovin signore fiorentino” i reali danti causa del suo potere
fittizio, gli hanno chiesto un secondo e ben più grave golpe, che è quello
rappresentato dall’avvenuta quasi definitiva approvazione del combinato disposto
riforma della costituzione con la legge super truffa dell’Italicum.
Uno stravolgimento assoluto della carta fondamentale, la Grundnorm che regola i
rapporti istituzionali, politici e sociali dei cittadini italiani, compiuto da
un Parlamento di nominati, illegittimamente eletti da una legge
incostituzionale, anziché dall’unica istituzione costituzionalmente competente
nelle condizioni politiche date, ossia da un’Assemblea Costituente espressa
dalla volontà di quel popolo cui appartiene la sovranità nella Repubblica.
No le costituzioni antiche e quelle del dopo guerra, specie se rigide come
quella italiana, sono di ostacolo al libero dispiegarsi delle volontà
predominanti dei gruppi finanziari internazionali, e devono essere spazzate via
con l’aiuto di servitori ossequienti disponibili alle più spericolate avventure.
Matteo Renzi con la conterranea ministra Boschi e supportato dal sodale
Verdini si affanna a ripetere che: “la sovranità appartiene al popolo e
sarà il popolo a decidere se la nostra riforma va bene o no», aggiungendo subito
dopo: “per noi decideranno i cittadini con buona pace di chi ci accusa di
autoritarismo”, ma, gli ha ricordato Piero Ostellino il 12 marzo scorso su
Il Giornale: “Se Renzi avesse uno straccio di cultura politica, avesse letto
la Costituzione, sulla quale ha pur giurato, sapesse che cosa è e come funziona
la democrazia moderna, non si sarebbe avventurato in una affermazione che ne
rivela non solo l'autoritarismo, ma anche una buona dose di ignoranza. Se avesse
letto le poche definizioni reperibili in qualsiasi buon libro che ne parla, si
renderebbe conto di essersi espresso a vanvera. È vero che la sovranità
appartiene al popolo, ma è anche un fatto indiscutibile che non è il popolo ad
esercitarla, ma sono i suoi rappresentanti, liberamente eletti, ad averne
l'«esercizio». La democrazia rappresentativa avrà molti difetti - il principale
dei quali è l'abuso che gli eletti dal popolo ne possono fare a danno del popolo
stesso, come hanno profeticamente scritto alcuni grandi liberali, da Burke a
Constant, da Tocqueville a Einaudi , ma è anche la sola democrazia che
conosciamo e che ha mostrato di funzionare. Se il riformismo di Renzi è tutto
qui, c'è ampiamente di che rabbrividire...”
Ci sono ancora persone che non hanno compreso o fingono di non comprendere la
portata dell’autentica madre di tutte le battaglie che si combatterà con il
prossimo Referendum costituzionale? In gioco non c’è soltanto la sopravvivenza
del governo farlocco del giovin signore, atteso che Renzi ha avventatamente
legato la sua leadership al successo del SI, ma ciò che rimane della sovranità
popolare conquistata con il sangue e la dura lotta politica per la libertà e la
democrazia dai nostri padri costituenti.
Non ci rassegneremo al progetto del trio toscano Renzi-Boschi-Verdini, esecutore
materiale degli ordini dei mandanti di poteri finanziari ben noti a livello
internazionale con i loro accoliti europei e nazionali, e combatteremo insieme a
tutti gli amici del NO al referendum di qualunque fede e cultura politica,
purché accomunati dalla volontà di difendere la sovranità popolare. Lo faremo
non solo per noi, che stiamo percorrendo l’ultimo miglio della nostra vita, ma,
soprattutto, per i nostri figli e nipoti, con la speranza che comprendano la
portata reale di ciò che siamo chiamati a decidere. Combatteremo da “ Liberi e
Forti”, certi che, ancora una volta: NO PASARAN!
Ettore Bonalberti |