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di Francesco
Forte
17 Luglio 2012
Lo spread sta
sfiorando i 500 punti perché la politica economica del governo Monti non
convince ed anche per effetto delle valutazioni negative di Moody’s, che in
effetti danno la sensazione di essere strumentali a un attacco all’euro, tramite
l’attacco all’Italia. Si ripete cioè con il governo tecnico la stessa situazione
in cui si è trovato il governo Berlusconi, nello scorso novembre. Allora i
nostri media sostenevano che bisognava mandare a casa Berlusconi non credibile a
livello europeo e nominare un governo tecnico, di ispirazione bocconiana, che
avrebbe avuto il prestigio necessario per risolvere la situazione e spiegare
alla comunità internazionale che l’Italia ha più meriti di credito di quelli che
le si attribuiscono, quando al vertice non ci sono le persone credibili.
Adesso si tocca con mano che la credibilità del
premier non c’entra, il gioco è più ampio.
Secondo il
governatore della Banca di Italia Ignazio Visco solo 200 punti del nostri spread
sui titoli tedeschi dipendono da nostri fattori intrinseci, mentre gli altri 200
(con lo spread a 400) o 300 (con lo spread verso 500) dipendono da fattori
esogeni internazionali. Eppure il segretario del PD, Pier Luigi Bersani, giudica
agghiacciante il fatto che Silvio Berlusconi si presenti alle prossime elezioni
politiche come leader del centro destra e Pier Ferdinando Casini si accoda
parzialmente alla incredibile tesi bersaniana, giudicando “inopportuna” la
scelta di Berlusconi. Ma in realtà se Berlusconi
presenta la propria candidatura alla guida del centro destra altro non fa che
riprendere la bandiera dell’unico programma in grado di risanare l’Italia.
Il nuovo ministro dell’economia, Vittorio Grilli, avanza una proposta di
dismissione di beni pubblici, per il prossimo decennio, per abbattere il debito
pubblico, che si rifà a quella che l’allora premier Berlusconi presentò al
presidente della repubblica Giorgio Napolitano, lo scorso novembre, quale metodo
per affrontare, in modo innovativo, la crisi del nostro debito pubblico e il
rialzo dello spread rispetto a quello tedesco, che si andava allora
manifestando.
La proposta proveniva
da un documento del PDL, che era stato elaborato da me e da altri esperti, per
il gruppo parlamentare. Si tratta , ovviamente, di un progetto perfezionabile ed
in effetti gli esperti del PDL, con la regia del segretario Angelino Alfano, si
sono riuniti nelle scorse settimane allo scopo di riprenderlo e ampliarlo e
stanno ora lavorando alla nuova versione, con l’apporto di autorevole economisti
monetari e finanziari di un gruppo facente capo a Paolo Savona e di un altro
gruppo, facente capo a Rainer Masera. Questi ha illustrato la sua
proposta di dismissione di patrimonio pubblico
per ridurre il debito pubblico, basata su swap fra questo e beni pubblici
in un recente seminario di Magna Carta.
Il tema è stato anche
affrontato, con varie proposte operative, in uno studio di Magna Carta preparato
da più autori, sotto la guida di Antonio Pilati, riguardante il modo di
risolvere i problemi dell’euro, che è stato presentato, in un volume in bozze di
stampa, nel seminario appena menzionato.
D’altra parte qualche
mese fa, sia il gruppo parlamentare del PDL del senato che quello della Camera
hanno svolto un convegno, ponendo il tema della riduzione del debito pubblico,
al centro dell’impostazione della politica economica del centro destra. I
giornali d’opinione e la televisione pubblica stanno
dando grande risalto positivo alla proposta di
Grilli, che, come si vede, riprende quelle del PDL, di cui semmai
costituisce una versione in formato ridotto. Ciò soprattutto sotto il profilo
della cessione di beni pubblici non come mero strumento per raccogliere risorse
finanziarie per abbattere il debito, ma anche e nello stesso tempo come mezzo
per accrescere l’area della nostra economia di mercato e così dare un contributo
alla crescita economica. Se, dunque, i media plaudono a Grilli per questo
progetto, che è, nella sua origine ed ideologia, del governo Berlusconi e del
PDL, per quale motivo si potrebbe sostenere che l’entrata in campo di Berlusconi
è una anomalia che sta fra l’agghiacciante e l’inopportuno?
In realtà il
ragionamento che ho appena fatto, con riguardo alla politica di attacco al
debito pubblico mediante le privatizzazioni, in collegamento con il rilancio
delle forze del mercato della nostra economia si può ripetere per la riforma
delle pensioni, attuata da questo governo, che altro non è che una parte di
quella del primo governo Berlusconi, avversata e cassata dai governi contrari,
capeggiati dagli eredi del PCI e della sinistra DC?
E che dire della politica di spending review,
ossia della riduzione spesa pubblica in alternativa all’aumento di imposte?
E’ evidente a tutti che mentre il PDL è per questa linea, la sinistra,
con un mucchio di se e di ma, è su quella opposta.
Ed infine siamo ai
contratti collettivi di lavoro aziendali "decentrati" ed orientati alla
produttività e alla legge Biagi sui contratti flessibili. Chi vuole la
flessibilità dei contratti e nei contratti e chi la avversa? Per la tesi della
flessibilità si è schierato il PDL, cioè Silvio Berlusconi, mentre gli altri,
nella sinistra, sono contro. L’euro zona comporta per noi il cambio fisso.
La soluzione è quindi
il salario flessibile articolato a livello
aziendale e con varie forme contrattuali.
Berlusconi leader del
centro destra pone al paese una alternativa fra la linea dell’economia di
mercato liberale con intrinseco orientamento sociale e la linea neo corporativa
della sinistra. Monti sta guidando una coalizione che è profondamente divisa. E
la sua ricetta, basta su un rigore fiscale che rischia di auto avvitarsi, è
bocciata a livello internazionale, perché soffoca la crescita e quindi rende
meno credibile la solvibilità del nostro debito pubblico. Certo, i giudizi
internazionali sono eccessivi e faziosi. Ma la linea Monti, nella sua incapacità
di generare crescita e di liberalizzare le forze del mercato, si rivela
inefficace, proprio perché condizionata da un PD avverso al cambiamento.
La prospettiva che in
Italia, alle prossime elezioni, vinca il PD è la vera causa per cui lo spread si
pone verso i 500 punti. La sfida di Berlusconi, per quanto rischiosa, presenta
la prospettiva di una Italia che, da sé, risolve i suoi problemi con un
programma neo liberale.
(da
"L'Occidentale")
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