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Quest’anno il Meeting
non si nasconde dietro le sofisticate alchimie dei titoli che colgono le parole
della suggestione epocale, ma esce allo scoperto. Non scandisce il suo essere
con i vocaboli duri del lessico sociale, usa una dichiarazione esplicita di
straordinaria importanza, ma nel dichiarare la libertà come bene supremo, ne
ricorda il carattere di dono che proviene da Dio.
Tema tutt’altro che
facile e che mi fa pensare immediatamente al rapporto tra Dio e gli uomini e al
percorso di libertà che Cristo porge agli uomini. Al fatto che, proprio perché
“dono”, è bene di tutti e di ognuno. Non può dunque esistere la libertà come
valore assoluto per l’individuo, ma solo come bene condiviso. Se l’uomo pensasse
di essere l’unico portatore di libertà, coglierebbe un vecchio sogno: quello di
essere come Dio.
Libertà condivisa
significa che nell’insieme si assicura a tutti la libertà e chi vive senza
libertà – consapevole o inconsapevole che ne sia – ha diritto che un proprio
simile si impegni per garantirgliela, al miglior grado possibile.
Dio fa così con noi.
Si pensi alla Bibbia e alle sue profonde figurazioni, che esprimono una realtà
che l’uomo deve, a poco a poco, scoprire: la libertà della conoscenza, perché la
libertà è anche una conquista progressiva e sofferta.
Ma oggi, in Europa,
relativismo, perdita delle radici, inesatto rispetto nei confronti di altre
culture minano il percorso di continua redistribuzione della libertà che
l’Occidente ha fatto nella sua storia e che oggi continua a fare. Cosicché tende
a prevalere una visione laicista – non laica – della libertà, come bene
individuale, che al massimo può trovare una limitazione nella libertà altrui.
Penso che invece la mia libertà si rafforzi se la riesco a condividere, non a
frenare, con la libertà dell’altro.
Forse questo modo di
intendere la libertà è minoritario nell’Europa che perde di vista il rispetto
della propria identità. Si può, però, avere rispetto per l’identità altrui, se
non si ha rispetto per la propria?
Bene, culturalmente,
cristianamente, siamo tutti figli di Atene e di Gerusalemme, del Sinai e del
Golgota. Riscoprire e difendere le nostre radici, secondo me, significa anche
onorare fino in fondo il dono del Cielo. Significa condividere la libertà,
attraverso la conoscenza di un percorso antropologico che ha contraddistinto,
fin qui, la nostra presenza di cristiani nella società occidentale.
Piercarlo Fabbio
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