 |
Venerdì 4 marzo
all’Auditorium San Baudolino di Alessandria si è tenuta la prima di due giornate
di studio e riflessione sul ‘Rischio di infiltrazioni criminali nel ciclo
degli appalti. Conoscere per prevenire’, appuntamenti per sensibilizzazione
su temi sempre più cruciali e di attualità, legati alla legalità e solidarietà
sociale.
Promosso da
‘ALT76’ (realtà del volontariato) in collaborazione con ‘Libera’ (più di 1.200
gruppi con l’intento di coordinare e sollecitare l’impegno della società civile
contro tutte le mafie) e da ‘Avviso Pubblico’, associazione di enti locali e
Regioni per la formazione civile contro le mafie, il progetto ha il sostegno di
Anci Piemonte e del Csva di Alessandria, il patrocinio di Regione Piemonte,
Provincia e Comune di Alessandria. Nel corso del 2010 il Nord Ovest si è più che
mai rivelato una macroregione di grande interesse per la criminalità organizzata
e una delle cause è, oltre alla sottovalutazione culturale del fenomeno, anche
la scarsa informazione sui meccanismi di infiltrazione. La giornata di studio e
riflessione ha voluto proporre alcuni spunti in materia di cultura
amministrativa e organizzativa di enti locali e soggetti collegati, di
definizione di procedure sui sistemi di qualità, di effettiva lotta a forme di
lavoro irregolare a partire da un ambito di grande valenza socio-economica e
politica, quale la programmazione e realizzazione di lavori pubblici. Tra i
relatori, il sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio.
Vi ringrazio per
l’invito e soprattutto per aver posto un problema che è all’ordine del giorno
degli amministratori pubblici che si occupano di contrattualistica e, quindi, di
investimenti nelle proprie aree di pertinenza o di modificare e incidere sul
loro territorio per lasciare un segno della loro presenza, del loro governo e
del loro programma.
L’attuale normativa,
molto complicata, non consente, forse neppure di essere intesa come un
antivirus, per usare la metafora precedentemente usata.
È una normativa partita da un’eccezione, dal
tentativo di definire il diritto in base a un’eccezione, e tutte le volte che
noi redigiamo una norma sull’eccezione, regolarmente la sbagliamo:
Merloni I, Merloni Bis, Merloni Ter, Merloni Quater, il Codice degli Appalti,
tutto ciò in poco più di un decennio, senza avere la certezza di bloccare
un’eventuale infiltrazione di organizzazioni camorristiche o mafiose o di altra
origine, specie quando gli appalti assumono una dimensione consistente, quando
assumono una dimensione attrattiva..
È terminata proprio ieri al Comune di Alessandria la procedura di appalto
europeo per la costruzione del ponte Meier. La determina (2 marzo 2011) del
dirigente Rup (responsabile unico del procedimento) ha individuato il
contraente, l'azienda che farà il ponte, all’interno di una valutazione di
offerte anomale, all’interno, a sua volta, di una procedura ancora più
complicata e non del tutto chiarissima, terminando, quindi, un percorso iniziato
a fine luglio 2010. Tempi quasi da record, perché 19 associazioni temporanee
d’imprese hanno partecipato per potersi aggiudicare un lavoro da 18,2 milioni di
euro. Di queste, 5 hanno presentato offerte anomale.
Nessuno può ritenersi scevro da eventuali infiltrazioni di organizzazioni che
sono cangianti; non è che abbiano per definizione scritto che loro sono così;
hanno acquisito, nel corso del tempo, spazi anche legittimi e legali, ove,
attraverso meccanismi di riciclo di denaro sporco o di finanziamento illegale,
hanno trovato probabilmente forme partecipative in diverse società.
La tendenza, la tentazione errata, anche degli amministratori pubblici, è di
ritenere che un’azienda di un determinato territorio, sostanzialmente il sud di
questo Paese, sia legata a organizzazioni criminali. La prima offerta anomala,
poi scartata dal Rup, sul Ponte Meier, è di un’impresa campana.
Ovviamente le battute - ma non si fa amministrazione con le battute – erano
quelle sull'alta probabilità che quest’impresa potesse essere legata alla
camorra. Nessuno, ovviamente, ha pensato di fare quelle stesse battute su
imprese invece autoctone, stanziali, indigene, come quella che ha vinto
l’appalto.
La Pubblica Amministrazione in realtà non ha nessun strumento oggettivo per
potere sancire se un'azienda può essere inquinata da infiltrazioni malavitose.
La documentazione antimafia che viene consegnata per legge non definisce con
certezza che siamo al riparo da questo pericolo. Se qualcuno sostenesse il
contrario, peccherebbe di superficialità. Abbiamo bisogno di certezze e nello
stesso tempo di semplificazione. Otteniamo continuamente una insufficiente
risposta del legislatore. Sostanzialmente si aggiungono procedure, si complica
l’affidamento dei valori, si chiede ulteriore documentazione e via di questo
passo. Non mi pare questo l’approccio di cui noi abbiamo bisogno. I pubblici
amministratori hanno bisogno di operare in tempi stretti, brevi e con certezze.
Invece sono costretti ad agire in tempi lunghi, con incertezze e procedure
assolutamente complicate.
Questo è il clima nel quale ci troviamo. C’è stata una breve stagione nella
produzione legislativa di questo Paese durante la quale si è tentato di
semplificare le procedure, ma sul terreno, per esempio, degli appalti pubblici,
non c’è mai stata una vera linea di recepimento di questo ragionamento.
In realtà ad ogni passaggio da una versione all’altra della legge si trovavano
complicazioni, complessità e ulteriori difficoltà nel potere arrivare al termine
del percorso. La valutazione di un’offerta anomala, che dovrebbe essere
effettuata tra il Rup e l’azienda che risponde alle sue domande, vale due mesi e
mezzo di lavoro. La valutazione sulla prima offerta anomala del ponte Meier è
iniziata il 3-4 di novembre ed è finita il 4 gennaio. Tempi considerabili
rapidi. Queste procedure - io lo sento tutti i giorni come un problema
impellente da risolvere - sono talmente complicate e lunghe da essere non capite
dalla gente.
Attenzione, un conto è la burocrazia, un altro é la procedura di legge; un conto
è poi il rapporto con il cittadino. Ma quando mai riuscirete a fare capire a un
cittadino che voi state facendo procedure che la legge vi impone che durano sei,
sette mesi per assegnare un lavoro? Provate a spiegare, in termini sintetici,
una procedura di un appalto su una pagina di facebook e vedere che cosa vi
ritorna in termini di feedback.
Io ho responsabilità in più, devo per forza rispettare quelle procedure, ma devo
anche dire, non solo come amministratore pubblico, ma come politico, che vanno
migliorate, nel senso di essere capite dal cittadino, non certo ulteriormente
complicate. Allora, mettete insieme tutti questi elementi e troverete che il
rebus è come il cubo di Rubik, difficile da risolvere. È però uno sforzo che la
politica deve fare. Non lo può fare l’amministrazione pubblica locale, lo deve
fare la politica a livello nazionale, il Parlamento, i Consiglieri regionali e
coloro che hanno in mano un potere legislativo da esercitare.
In realtà il rischio è molto semplice: rispetto alle grandi opere vi è il
pericolo di andare da un’amministrazione all’altra senza vederle terminare,
perché non si ha il tempo necessario per progettare, trovare i danari, affidare
i lavori, realizzare l’opera.
Per fare il ponte Tanaro nel 1889, ci misero due
anni. Lasciamo stare il ragionamento per arrivare a fare il ponte;
dall’abbattimento del vecchio ponte – agosto 2009 – al termine dei lavori, se
nessuno deciderà di fare ricorso, cioè primavera 2013 o dicembre 2012, ci
vorranno ancora due anni. Sono passati circa 130 anni e siamo tecnologicamente,
normativamente e proceduralmente indietro rispetto a quel periodo.
Non mi pare che questo possa essere evidenziato
come una grande vittoria della modernità amministrativa di questo Paese.
Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria
|