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A St Vincent
A St
Vincent, nel Novembre scorso, avevamo sostenuto l’idea di Gianfranco Rotondi di
un confronto tra esponenti di diverse culture politiche accomunati dalla
condivisione dei principi indicati da Papa Francesco nella “Laudato SI”. Era il
tentativo di far decollare una ricomposizione al centro di amici e movimenti
presenti in Parlamento, progetto a sostegno del quale aveva inviato un indirizzo
di saluto anche il presidente del consiglio in carica Giuseppe Conte. Con la
crisi irresponsabilmente aperta in piena crisi pandemica da Renzi, quel
tentativo valdostano è continuato per cercare di riunire diversi parlamentari in
un gruppo di cosiddetti “responsabili” a sostegno della maggioranza di governo,
ma, alla prova del voto, è fallito. Il Conte 2 ha ottenuto la maggioranza
relativa sia alla Camera che al Senato, ma sono mancati i voti necessari per la
maggioranza assoluta in una delle due camere. Il Presidente Mattarella, anziché
rinviare alle Camere il governo Conte 2 non sfiduciato per la prova definitiva
che, probabilmente a quel punto, avrebbe potuto sortire esito positivo, ha
preferito affidare l’incarico a Mario Draghi, come una delle ultime preziose
risorse della Repubblica.
Due amici
democratici cristiani da sempre, come Bruno Tabacci e Gianfranco Rotondi, hanno
svolto una combattiva azione per tentare di costruire il gruppo dei
responsabili, ma, alla fine, ha prevalso il “particulare” dei diversi
parlamentari contattati, timorosi di trovarsi senza riferimenti e di restare
esclusi dal carro del vincitore sicuro, quello dell’ex direttore generale di
Banca d’Italia e della BCE. Ho espresso le mie riserve sulla genesi del governo
Draghi con l’ultimo editoriale sul sito
www.alefpopolaritaliani.it:
mandanti e sicari, rinviando un giudizio di merito sulle scelte concrete che il
governo a maggioranza parlamentare bulgara compirà. Un giudizio meditato
soprattutto per comprendere come tali scelte saranno fatte, a vantaggio di chi e
per che cosa. Il linguaggio asciutto e sintetico delle dichiarazioni
programmatiche di Draghi é del tutto condivisibile nella descrizione delle
priorità da affrontare: lotta alla pandemia, crisi economica e sociale, riforma
burocratica, del fisco e della magistratura, tutte riunite nella strategia di
una visione di sviluppo eco-sostenibile; ora, però si tratterà di vedere come
questi obiettivi enunciati si concreteranno nelle decisioni che su queste
materie il governo assumerà.
Sul piano
politico, quest’ultimo atto compiuto, alla fine di una stagione dominata dal
trasformismo, elemento dominante di un Parlamento che, dopo il voto del 16 Marzo
2018, ha visto la nascita di tre diverse maggioranze: giallo verde ( Conte 1),
giallo rossa (Conte 2) e, adesso, dell’unità emergenziale, è caratterizzato
dall’opposizione esplicita della destra di Giorgia Meloni che si distingue da
Lega e Forza Italia e dallo smottamento che il SI a Draghi ha determinato
nell’estrema sinistra di LEU e, soprattutto, nel gruppo di maggioranza relativa
del M5S. Anche l’annunciato inter gruppo parlamentare PD-M5S-LEU, che avrebbe
dovuto garantire il mantenimento dell’alleanza che aveva retto il governo Conte
2, in previsione sia delle prossime elezioni regionali e amministrative locali,
che dell’attività da svolgere in Parlamento a sostegno del governo Draghi, dopo
i primi entusiasmi, sconta le difficoltà apparse subito nel PD e, soprattutto,
il rischio di scissione sempre più probabile del M5S. Matteo Renzi, con la sua
fidata Elena Boschi, plaude al successo
per aver fatto fuori Conte e favorito la guida di Draghi, ma la sua azione di
rottura è resa ancora più devastante dal processo di scomposizione e
frantumazione apertosi in tutto lo schieramento politico.
In tale
situazione si ripresenta ancor più urgentemente il tema del nostro, che fare? Il
card. Camillo Ruini nell’odierna intervista al Corsera, in occasione dei suoi 90
anni, conferma quanto già a suo tempo dichiarò sul NO al partito cattolico,
esprimendo, peraltro, un giudizio positivo sul governo Draghi. Quel NO al
partito cattolico, infatti, l’aveva già pronunciato nell’Ottobre e Novembre
2020, aprendo a Salvini e a Meloni
se solo “avessero sciolto il loro nodo
sull’Europa”. Insomma un’apertura a destra, come già aveva fatto,
realisticamente, al tempo dei governi presieduti da Berlusconi. Sul ruinismo e
sulla sua idea di una presenza dei cattolici diffusa in tutti i partiti,
progetto rivelatosi fallimentari con la riduzione della presenza cattolica
all’irrilevanza , ho scritto ampiamente nel capitolo secondo del mio ultimo
libro:
Demodissea,
la democrazia cristiana nella stagione della diaspora (1993-2020) (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/562226/demodissea/)
e, come scrissi, quella idea del cardinale Ruini, non sembra smarcarsi
dall’originaria impostazione anti dossettiana e anti prodiana mai venuta meno.
Da parte nostra, DC e popolari, ritengo invece che, preso atto della scelta che
sembra portare Conte più nel ruolo del federatore della coalizione PD-M5S-LEU
che di partecipante attivo alla ricomposizione del centro, si debba perseguire
l’impegno che, tanto noi della Federazione Popolare DC quanto gli amici raccolti
attorno al manifesto Zamagni (Insieme e Rete Bianca), stiamo sviluppando per la
ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale.
L’avvio di un gruppo parlamentare unitario di quest’area sarebbe oltremodo
utile, non solo in quella sede, facendo uscire i parlamentari UDC dalla
condizione di sudditanza ambigua e inefficace all’egemonia/dominio in
dissoluzione di Forza Italia e della Lega, ma anche, come accordo elettorale per
le prossime elezioni amministrative locali e regionali.
Nella recente riunione del
comitato di garanzia della Federazione Popolare DC, accanto a
questa proposta da tutti condivisa, ossia di presentarci tutti uniti in
una lista dei DC e Popolari alle prossime elezioni amministrative locali,
abbiamo anche concordato sull’opportunità di organizzare ad Aprile la nostra
Camaldoli di programma 2021, insieme a quanti dell’area cattolico democratica e
cristiano sociale italiana sono interessati ad offrire al Paese la nostra
proposta di programma per una nuova speranza per l’Italia. Solo dopo quel
confronto programmatico, decidendo insieme il percorso, si potrà organizzare una
grande assemblea costituente del soggetto politico nuovo di centro ampio e
plurale, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, ispirato dai
valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare
ai principi dei padri fondatori DC, alternativo alla sinistra e alla destra
populista e sovranista. Certo, attenti al sistema elettorale che alla fine sarà
adottato, preoccupati dal risorgere di mai sopite velleità maggioritarie e
presidenzialiste, impegnati a sostenere un sistema proporzionale alla tedesca,
tanto più necessario dopo l’avvenuta riduzione del numero dei parlamentari e
per conservare la democrazia
rappresentativa come prevista dagli articoli della Costituzione repubblicana
insieme ai caratteri propri della nostra Repubblica parlamentare.
Ettore Bonalberti
Venezia, 19 Febbraio
2021
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