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I tempi sono maturi e
il “buon senso” induce a una riflessione seria sulla Legge 194 e sulla pratica
dell’interruzione volontaria della gravidanza, in Italia (e non solo…)
Giuliano Ferrara, ha recentemente proposto la moratoria mondiale sull’aborto
subito dopo quella decisa dall’ONU contro la pena di morte.
L’iniziativa del direttore de Il Foglio è una provocazione forte: se i diritti
umani sono universali e la politica mondiale considera inviolabile la vita anche
del più efferato delinquente, come può volgersi dall’altra parte di fronte alla
strage d’innocenti ancora nel ventre materno?
Se moratoria deve essere, lo sia anche per l’aborto.
Il dibattito in Italia si è riacceso e non sempre come si sarebbe auspicato. A
leggere i giornali sembra sia in atto uno scontro tra chi difende la legge
sull’aborto e chi la vuole abolire, “si riapre l’offensiva sull’aborto” “la
Chiesa all’attacco”.
La realtà è molto diversa, ma a troppi fa comodo creare confusione, impedire che
si discuta con toni pacati e leali, così come il tema richiederebbe.
Riporto alcune, fra le più autorevoli, dichiarazioni che contengono, a mio
parere, solo parole di buon senso, ma troppi sembrano avere un “orecchio
ideologico” che ascolta ma non sente.
Mons. Camillo Ruini, vicario del Papa ha detto:
«Si può sperare che da questa moratoria venga anche uno stimolo per l’Italia,
quantomeno per applicare integralmente la legge sull’aborto che dice di essere
legge che intende difendere la vita, quindi applicarla in quelle parti che
davvero possono essere di difesa della vita e forse, a trent’anni ormai dalla
legge, aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi
passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri».
Il Presidente del Forum delle Associazioni Familiari ha risposto così a Ferrara:
«La sua iniziativa propone alla società contemporanea un momento di
riflessione su una tematica da sempre al centro del dibattito culturale e
politico, ma che mai è stata affrontata con sufficiente serenità scevra da
pregiudizi ideologici.
La moratoria della pratica di interruzione volontaria della gravidanza si
inserisce in un anno che sarà fortemente segnato dall’anniversario della legge
194, ma che incrocerà anche le ricorrenze della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, della Convenzione sui diritti del fanciullo e della
Costituzione italiana. Tutti documenti fondamentali per la tutela e la garanzia
dei diritti inviolabili dell’uomo, tra i quali si colloca, come diritto
primario, quello del concepito a vedere la luce.
La recente approvazione a larghissima maggioranza internazionale della moratoria
sulla pena di morte non può non indurre i cittadini e le istituzioni ad
interrogarsi sulla sorte di milioni di bambini non nati ogni anno, senza che su
di essi ricadesse altra colpa se non quella di non essere amorevolmente accolti
dalla loro famiglia e dall’ambiente che li circonda: in particolare ci si deve
interrogatore per comprendere il dramma di quelle madri che, spesso per
situazioni ad esse non imputabili, si vedono costrette a rinunziare alla gioia
più bella rappresentata dalla maternità.
L’Italia, che è stata meritoriamente promotrice della battaglia contro la pena
capitale, non può certo rimanere indifferente rispetto all’iniziativa che
propone un ulteriore momento di riflessione per la tutela della vita in ogni sua
articolazione.
Il Forum delle associazioni familiari, consapevole che il diritto alla vita
costituisce un momento essenziale e fondante della tutela della famiglia, è
pronto ad affiancare questa iniziativa, operando con gli strumenti che sono a
sua disposizione».
È sbagliato chiedere, come si evince da queste affermazioni, che si trovi il
modo perché non si debbano più verificare i casi atroci in cui un “aborto”
nasce, respira piange, lotta per vivere, affermando così il suo “essere uomo”
contro la miopia di chi vede in lui solo il prodotto di un aborto?
Sia chiaro, per una persona di buon senso e non solo per i cattolici, l’abortito
è sempre un uomo a cui non si dà la possibilità di venire al mondo, ma c’è una
legge fatta dagli uomini che permette questo e chiedere che “venga corretta, o
rivista” non è certo un atto contro le donne, ma un gesto di buonsenso, di
“limitazione dell’orrore” che pure permane.
Il tema, dopo trent’anni richiede una riflessione non ideologica e gridare solo
"la legge non si tocca" a me pare proprio una barricata priva di buonsenso.
Ripeto: non voglio riaprire scontri, ma laicamente chiedere con forza il
rispetto e la tutela della vita fin dal suo primo concepimento, denunciare
l’applicazione parziale della legge 194 là dove si dà poca attuazione alle norme
attente a salvare la vita e a tutelare la maternità e interrogarci sulla strada
da seguire per rafforzare quelle parti della normativa che promuovono la vita
del nascituro aiutando e accompagnando le donne nella loro difficilissima
scelta.
Ci sono delle strade possibili e la politica ne offre alcune. Ne riparleremo.
Teresa Curino
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