Dimensione del carattere 

Venerdì 3 maggio 2024

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria

   
   

   

Ricerca avanzata

23/11/2008

L'ambiente del libro di tipo tre...

Piercarlo Fabbio affina il ragionamento sull'ambiente e sull'ecoefficacia. Perché un'amministrazione pubblica deve proporre una nuova idea di ecologia

   

L'ambiente del libro di tipo tre...

Intervento del Sindaco Piercarlo Fabbio all’anteprima del Practise Energy Day - 7 Novembre 2008

Grazie all’assessore Zaccone, ma soprattutto grazie a voi che avete partecipato a questo preview del Practise Energy Day di domani.
Riprendo un discorso a cui avevo già accennato alcune volte in aula, visto che è presente la commissione consiliare, perché penso che stia un po’ alla base del modo con cui noi affrontiamo i progetti europei connessi all’ambiente e alla sua tutela. Intanto un fatto: tutte le volte che si spiega un progetto europeo noi non manchiamo di fare una capatina nelle nostre vie, di collocarci all’interno della nostra area urbana, per il perseguimento di un obiettivo, che è quello della cosiddetta disseminazione. Qualcuno si chiederà come mai noi abbiamo lasciato le nostre stanze per venire in piazza Marconi, piuttosto che in piazzetta della Lega, ad esprimere le nostre opinioni. Qualcuno si chiederà come mai amministratori comunali, che hanno tante location, per altro molto garantite dal punto di vista dei rumori, nelle quali si può esprimere un ragionamento approfondito, le lasciano per darsi appuntamento in piazza. Perché è la relazione con la gente quella che ci interessa, è la creazione di curiosità nei confronti di alcune ipotesi di lavoro, specie quelle ambientali, che alla fine interessano tutti. Perché si va dai piccoli gesti quotidiani individuali, ai comportamenti collettivi, ai comportamenti di comunità, ai comportamenti dell’ente che sovrintende a questa comunità. Tutti però dovrebbero rispondere a una stessa filosofia o comunque all’ipotesi di superare le debolezze che il sistema ha fin qui garantito.
Noi abbiamo agito negli ultimi anni, da quando l’ambientalismo ci ha spinto ancora di più alla tutela dell’ambiente, in un regime di riduzione del danno. Non abbiamo assolutamente intaccato il sistema per come era stato progettato; in realtà abbiamo cercato, a sistema garantito, di potere ridurre la nostra capacità di produzione per il semplice fatto che avrebbe prodotto più inquinanti.
Probabilmente in questa ora del mondo stiamo mettendo insieme i primi passi, i primi semi di un ragionamento diverso che non so se sarà esattamene quello che io vi proporrò, perché ancora in fase di elaborazione.
Fin qui abbiamo agito con la filosofia dell’ecoefficienza, quella che noi conosciamo e che ha dato risultati un poco deludenti È una filosofia che va sorpassata. Dovremmo sostituire l’ecoefficienza con l’ecoefficacia. Sembrano due parole molto simili, in realtà esprimono concetti molto diversi.
Con l’ecoefficienza, cerchiamo di migliorare dall’interno il sistema rendendolo un po’ meno distruttivo. Prevale il concetto di conservazione rispetto a quello di cambiamento. Cerchiamo probabilmente di conseguire alcuni risultati, come rilasciare ogni anno sempre meno quantità di materiali tossici nell’aria, e null’altro.
La Covenant of Major, ad esempio, è un accordo tra Città e Commissione Europea per avere fondi, al fine di ridurre del 20% l’emissione di CO2 da qui al 2020. Non so se l’Europea continuerà a mantenere questi obiettivi molto rigorosi, ma apprestiamo a firmare a gennaio o febbraio prossimi un accordo su questi temi.
Quello attuale è infatti un sistema – specie quando orientato alla tutela dell’ambiente -che paradossalmente ritiene di essere più prospero, se meno persone lavorano. È un sistema che deve soddisfare un complesso sistema di normative, per evitare che gli uomini e la natura vengano avvelenati e quindi ha bisogno di regole molto severe. Deve produrre materiali meno dannosi al punto di dovere chiedere la sorveglianza delle generazioni future: non bastiamo noi. Probabilmente è un sistema che cerca di stipare meno materiali, meno rifiuti in buche disseminate per la nostra pianura, per il mondo, per tutto il pianeta.
È il sistema che oggi conosciamo.
Noi invece dovremmo tentare di porre ordine nel caotico progetto, che mai peraltro vi è stato, di rivoluzione industriale che dal ‘700 in avanti si è affermato. Allora la produzione industriale si basava sulla considerazione che le materie prime fossero illimitate. Dopo 200 anni ci siamo accorti che in realtà non era cosi, che le materie prime andavano tutelate, che bisognava utilizzare materie diverse, che andavano riciclati i materiali.
Quando pensate di riciclare i materiali incominciate ad avere il primo aspetto negativo di questa non progettazione del sistema avente come obiettivo la tutela ambientale. Quel materiale che avete utilizzato per produrre un bene lo riciclate una sola volta. Dopo non è più riciclabile. C’è un problema di riduzione delle nostre capacità. Se noi non usiamo materie prime, ma materiali riciclati, siamo costretti a fare qualche cosa di minore importanza rispetto a quella che potevamo costruire con le materie prime. Tutte le volte ci stupiamo per le forme che possono assumere gli oggetti di materie riciclate. Purtroppo sappiamo già all’inizio che quel materiale riciclato non può essere riciclato un’ulteriore volta. È l’ultimo stadio per il quale quel materiale può essere utilizzato.
Come passare dall’ecoefficienza, cioè dalla riduzione del danno all’ecoefficacia? Occorre progettare un bene o un processo avendo nella progettazione il senso della tutela ambientale: cosa non facile.
In conferenza stampa ho fatto l’esempio di tre libri. Lo ripropongo con maggiore respiro.
Il tipo di libro che voi conoscete è il libro classico con la carta patinata; ha gli inchiostri che sono tossici, ma si vedono bene, ha una copertina molto bella con colori molto vivi. Nel momento in cui decidete di buttare via questo libro, facendo la differenziata, lo gettate nel cassonetto della carta. Questo potrebbe dare vita con altra carta al libro del secondo tipo. È un libro che ha la carta più porosa, grigia, con inchiostri che magari sono ad acqua, con una copertina che non ha più i colori brillanti del libro di tipo uno. Con il libro di tipo due avete raggiunto la riduzione del danno, il massimo livello possibile dell’ecoefficienza.
Proviamo ora a pensare al livello seguente, quello dell’ecoefficacia. Che tipo di libro può essere quello efficace? Io non l’ho ancora costruito e non so, però provo a vagliare delle idee. Potrebbe essere un libro elettronico. Anche. Non è detto. È un libro paperless, figlio di un sistema basato sui computer, che non ha bisogno di carta perché voi leggete a video oppure scaricate in audio con un podcasting. Probabilmente però avete bisogno di stringere qualcosa in mano: qualcuno si chiede il perché il libro elettronico non ha mai soppiantato del tutto il libro di carta nonostante lo spreco che c’è nel libro di carta. Ci sono delle abitudini, anche se capiamo che non sia la cosa migliore quella di scrivere con il sangue di pesce su carta fatta con la schiena di un asino, però l’abbiamo fatto per tanto tempo nella nostra società. Gli amanuensi facevano questo. Siamo in qualche modo vincolati alle nostre abitudini, ai nostri modi di condurre l’esistenze e le modifichiamo poco a poco, con troppa lentezza.
Un libro del terzo tipo potrebbe essere un libro che è fatto come un vecchio volume, ma le cui pagine non sono più né di carta, né di carta riciclata, ma di polimeri che sono stati costruiti per essere riutilizzati infinite volte. Gli inchiostri possono essere benissimo visibili, ma hanno una caratteristica, che, attaccati dall’acqua caldissima, 70° - 80°, si sciolgono e non lasciano più presenza di se stessi.
Questo bene non è ancora stato realizzato, ma è già presente nel mio mondo. Non so se piacerà, non se il mercato lo riuscirà ad accettare, ma certamente non butterò più il residuo del libro di tipo due in discarica o in un inceneritore, perché tutti i materiali che io ho a disposizione, vengono rimessi in circolo per un riutilizzo.
Questo è un esempio di ecoefficacia, che è molto diverso dalla riduzione del danno. Allora, quando noi affrontiamo un progetto europeo, dobbiamo avere il coraggio di arricchirlo, non solo di farci trainare da quelle che sono le caratteristiche essenziali di quel progetto. Per me oggi occorre qualcuno che pensi ad una società della produzione, dove la produzione contenga in se stessa il concetto di tutela dell’ambiente. Difficile? Probabilmente sì, ma non impossibile.
Si pensi che 40 anni fa si produceva un’automobile e si pensava che l’unico controllo di qualità potesse essere quello di congruità finale. Alla fine della catena di montaggio l’automobile veniva controllata con il progetto e se era congrua rispetto ad esso passava il controllo di qualità e veniva offerta al mercato. Poi vennero i circoli della qualità, cioè l’inserimento della percezione di qualità all’interno di ogni passaggio del processo produttivo. La qualità veniva raggiunta per ogni pezzo che componeva il bene. Non c’era quasi più bisogno del controllo di qualità finale, perché la qualità in viveva in tutto il processo produttivo.
Nella pubblica amministrazione, ad esempio, qualcuno avrebbe potuto pensare che il controllo di legittimità che faceva su ogni atto il co.re.co. potesse essere tolto? Dopo l’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione sono stati aboliti i co.re.co., i segretari generali non hanno più avuto il compito del controllo preventivo. A questo punto il processo ha dovuto ispirarsi a criteri di legittimità, senza bisogno di arrivare al termine e comunque ha mantenuto qualità di legittimità sostanzialmente soddisfacente. Probabilmente ha migliorato il concetto di legittimità, in molti che lo perseguono.
È forte una speranza: che attraverso quella filosofia si riesca a costruire un ambiente migliore, senza bisogno di toglierci quelle comodità che il progresso ci ha dato, senza bisogno di regredire sulla strada del nostro sviluppo, senza bisogno di avere meno per tentare di garantire l’ambiente.
Si ha la stessa cosa e si garantisce l’ambiente. Si ha maggiore qualità della vita e si garantisce l’ambiente.
L’uomo sta in armonia con il creato ed è responsabile di quell’armonia con il creato, perché è soggetto intelligente. Se lo governa allora è anche responsabile della sua presenza. Se vuole stare in armonia allora deve riuscire a condurre un livello di qualità della vita più alta senza dovere ridurre il danno della sua presenza, perché la sua presenza è nodale in questo pianeta.

Piercarlo Fabbio
Sindaco di Alessandria


Photogallery

           

 

 

 

 

 

Piercarlo Fabbio Sindaco di Alessandria