Testi: Piercarlo Fabbio

Foto: Guido Ronzat, Piercarlo Fabbio

Incipit

I favolosi anni 30

L'Alluvione del 6 novembre 1994

Come nasce un'idea

Il progetto di recupero

Un florilegio di iniziative

Incipit

L'Ospedale Teresio Borsalino sorge alle porte di Alessandria. Durante l'alluvione del 6 novembre 1994, il nosocomio, che conteneva due divisioni di pneumologia, oltre ad altri servizi, come quello di fisiopatologia respiratoria, è stato colpito duramente dalle acque del Tanaro. L'ospedale, allagato fino al piano rialzato, è stato evacuato e da allora non ha più potuto riprendere le sue funzioni. Le due divisioni hanno trovato posto all'ospedale civile Santi Antonio e Biagio e da quel momento è iniziato un percorso di ricerca da parte delle forze politiche, dell'ordine professionale dei medici, dei responsabili della sanità, delle istituzioni, per trovare una soluzione al problema del riuso dell'immobile, immerso nel verde, nato come sanatorio e in attesa di diventare...

I favolosi anni Trenta

I primi tentativi per realizzare un sanatorio antitubercolare sono degli anni Venti. Alessandria, terra fra i due fiumi, è terreno particolarmente fertile per l'attacco del mal sottile. Naturale che cittadini ed istituzioni dell'epoca intendessero dotarsi di uno strumento in grado di porre sollievo agli ammalati di tubercolosi: Che poi si potesse trovare un'area dove l'umidità non imperasse e l'ecosistema fosse salubre è altro affare. Certo è, comunque, che il 21 febbraio 1925, la Deputazione Provinciale di Alessandria, con regolare deliberazione, decide di mettere in cantiere il progetto di un sanatorio. Stanzia subito 400 mila lire, alle quali presto si aggiungono altre 500 mila lire, che la generosità di una sottoscrizione popolare dona alla comunità. Ma gli sforzi non bastano. Si deve far conto sul quel grande mecenate per la città che, all'epoca, è il senatore Teresio Borsalino. Del resto l'industriale è all'apice del successo produttivo (e di fatturato). I suoi cappelli di feltro sono venduti in tutto il mondo. Il binomio Alessandria-Borsalino si impone commercialmente al punto di sbaragliare la concorrenza, pur nutrita, di altre fabbriche sparse per il globo. Borsalino diventa sinonimo di cappello. I guadagni, per la famiglia, sono alti. Tanto vale investirne una parte per far decollare la città, che sta faticosamente trasformando la sua economia da agricola ad industriale e terziaria. Sono molte le realizzazioni dei Borsalino. Dall'acquedotto alla fognatura. Dall'educatorio per i figli dei dipendenti al dispensario. Dalla Casa di Riposo per Anziani donata a Madre Teresa Michel alle provvidenze per le maestranze.

Per il sanatorio, Teresio non si tira indietro. Lo vuole erigere alla memoria del padre, Giuseppe, il fondatore dell'impresa. Dona 11 milioni e l'opera potrà essere realizzata. I progettisti sono gli ingegneri Arnaldo Gardella e Luigi Martini. Alla morte di Arnaldo, sarà il figlio, Ignazio, a terminare il progetto, che ottiene l'approvazione della commissione edilizia il 29 aprile 1931. L'impostazione del complesso è di matrice razionalista ed è da considerarsi come uno dei primi passi di quel percorso gardelliano che innerverà la città. Di Ignazio è sicuramente la progettazione della chiesa. Un'opera prima a tutti gli effetti.

La struttura sanitaria inizia a funzionare il 15 luglio 1935. L'inaugurazione ufficiale avviene però il 4 ottobre 1936. È il Re Vittorio Emanuele III - in quegli anni anche Imperatore - a tagliare il simbolico nastro. E Il Sanatorio gli viene intitolato.

L'area sulla quale sorge è, dicono le cronache, "nella piana ubertosa di Valle San Bartolomeo, verso le colline di Valmadonna" a pochi chilometri dalla città

Sono circa 96 mila metri quadrati di cui quasi 70 mila destinati a verde. Vengono piantati 17 mila pini. Il sanatorio è capace di 216 letti "divisi in parti uguali fra maschi e femmine", risponde, in allora, a tutti i requisiti di modernità. Ancora oggi la struttura non ha perso la sua attualità. È composta dal fabbricato principale e da altri sette fabbricati sussidiari.

Il fabbricato principale consta di due piani fuori terra e da un piano seminterrato. La planimetria mostra una struttura ad "H". Vi sono ampie sale di degenza aerate ed illuminate congruamente, ampie terrazze. Due reparti sono destinati alle cure fisiche e alle operazioni chirurgiche.

Gli altri manufatti contengono la chiesa, l'abitazione del direttore, il forno inceneritore, l'alloggio delle infermiere, la portineria esterna, l'autorimessa e la lavanderia.

Il nosocomio, passato nel periodo post bellico sotto l'amministrazione della Provincia, ha svolto la funzione di Sanatorio antitubercolare fino all'avvento della legge di riforma sanitaria n. 833/78. Con il diminuire dell'incidenza della patologia tubercolare, è stato, nei primi anni Ottanta, destinato a sede di degenza pneumologica.

L'alluvione del 6 novembre 1994

L'edificio, inondato dalle acque del Tanaro in piena, ha riportato seri danni agli impianti tecnologici e, di minore entità alla struttura edilizia. Il lungo muretto che delimita l'area è parzialmente crollato. L'attuale dirigenza dell'Azienda Ospedaliera di interesse nazionale Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, ha deciso, in attesa di concretizzare l'acquisizione in proprietà dell'immobile e di ricevere gli stanziamenti necessari alla riconversione del complesso, di ripristinare alcuni servizi tecnologici al fine di impedire un degrado eccessivo della struttura. Ma in condizioni di degrado alcuni fabbricati erano già prima dell'alluvione. Non più utilizzati per l'isolamento e la lungodegenza, alcune costruzioni sono state lasciate al loro destino. A ciò si aggiunga che anche il fabbricato principale, solo parzialmente inutilizzato per il cambio di destinazione d'uso avvenuto nei primi anni Ottanta, mostra visibili segni di deterioramento.

I lavori di ristrutturazione della chiesa, come già ricordato opera di Ignazio Gardella, già appaltati prima dell'evento alluvionale, stanno per essere terminati.

Come nasce un'idea

Non è questione di primato. Certo è che, presumibilmente a dicembre accadono alcuni fatti che, concatenati fra loro, colgono l'attenzione dell'opinione pubblica alessandrina e la fissano sulle vicende del Borsalino.
La città vive ormai immersa nei problemi alluvionali. Le industrie squassate, il destino di migliaia di lavoratori, le case inondate, gli interventi in emergenza del Governo. In quei giorni ad Alessandria si concentrano visite e sopralluoghi delle più importanti cariche istituzionali. Il daffare è alto. Si è ancora in piena emergenza, ma qualcuno inizia a pensare che il rilancio di Alessandria dovrà avvenire evitando, durante la ricostruzione, di rimettere in sesto ciò che già prima non funzionava. L'alluvione, insomma, come tragedia da virare all'occasione di una rivitalizzazione del capoluogo, da troppi lustri in graduale e costante decremento economico.

C'è un versante, ad esempio, quello sanitario, che vive tra passioni, suggestioni (l'Ospedale Civile evacuato, l'Ospedaletto Cesare Arrigo invaso dall'acqua e impossibilitato ad operare, il Borsalino abbandonato dopo l'arrivo del Tanaro) e spirito di rivalsa. Un poco tutti vogliono dimostrare che non solo si sarà capaci di rimettere in sesto la situazione, ma anche di seppellire un vecchio modello di sanità pubblica per sostituirlo con uno nuovo e più avanzato.

Le azioni positive si rincorrono. Alcuni operatori politici (fra cui chi scrive, n.d.a.) danno fondo ad un concetto sulle colonne de "Il Piccolo", allora ancora bisettimanale del capoluogo, che accetta di buon grado di accogliere il dibattito, anzi, lo sostiene. Per un qualche richiamo istintivo e culturale tutti appuntano l'attenzione sull'ospedale Teresio Borsalino.

Del resto in città già esiste un monumento all'insipienza del mondo politico degli anni Ottanta, "La Spandonara", un complesso ospedaliero nuovo di zecca, mai utilizzato, e nessuno vuole che anche l'ex sanatorio faccia la stessa fine.

Quindi sono in molti ad accogliere l'invito di alcuni Consiglieri comunali (Pierluigi Cavalchini, Piercarlo Fabbio, Alberto Prete, Carlo Vergagni), che lanciano un'idea alla città. Perché non cogliere l'occasione per trasformare il Teresio Borsalino in un centro polifunzionale di recupero, in unità spinale e in una RSA? Cinquemila cittadini firmano la petizione. Altri Consiglieri aderiscono alla proposta. Al banchetto per le firme si accosta anche il Sindaco e alcuni assessori, che sottoscrivono.

Persino l'architetto Ignazio Gardella offre la sua disponibilità. Il peso e il prestigio del grande progettista potrebbero far comodo nella temperie dell'idea in formazione.

Contestualmente anche l'Ordine dei Medici della Provincia di Alessandria sta pensando a qualcosa di simile, pur senza avere attivato ancora collegamenti con gli altri protagonisti. Conduce una strada parallela che porterà - ancora una volta, come nella morotea visione - ad una forzata convergenza con altri protagonisti.

Lo stesso Consiglio Comunale non si accontenta di stare a guardare. Vuole collaborare. Così, verso fine dicembre, nasce la Commissione per l'emergenza e la ricostruzione dei servizi ospedalieri. È composta da Piercarlo Fabbio, Enrico Mazzoni ed Ernesto Pisani. Tra le strategie di lavoro, fa capolino anche l'attenzione da fornire al Borsalino, anche se i problemi sono ancora tanti e l'Ospedale Civile, dopo l'evacuazione, ha ripreso solo parzialmente la sua attività. Per fortuna l'Ospedale Infantile Cesare Arrigo dimostra, con proprie risorse e cogliendo massicce dosi di solidarietà da tutt'Italia, di saper egregiamente rispondere all'emergenza e presto viene riattivato.

È chiaro che i profondi solchi lasciati dall'alluvione permarranno nel tempo. Si vedranno ancora a distanza di un anno, ma il riprendere la normale attività, seppure con palesi difficoltà, è fatto che tranquillizza la popolazione e dà speranza all'opinione pubblica.

Anche i vertici dell'USSL70 (fino al 31 dicembre 1994 si chiama ancora così) costruiscono una proposta di riutilizzo dell'immobile. Pure in questo caso le conclusioni sono le stesse. Nasce un'idea. Bisogna ora trasformarla in realtà.

Il progetto di recupero

Ai cittadini di Alessandria, in un inverno neppure tanto freddo, ma i cui rigori riescono in ogni modo a farsi sentire, nessun stupore fa la proposizione di una petizione popolare da firmare. Ma questa volta il trasporto è forte. C'è una spinta emotiva in più. Sarà il fascino di rivedere in cronaca il prestigioso cognome dei Borsalino, sarà magari assaporare il sottile piacere della vendetta verso il mondo politico nell'assistere ad un gruppo di intirizziti consiglieri comunali che ferma a mo' di piazzista la gente durante lo struscio nella "vasca" della città. Sarà la palingenesi di un mondo in parte spazzato via dalle acque e che non vuole perdere un altro tassello della propria storia. Certo è che in 5000 si fermano a firmare la petizione. Cosa dice quel foglio umidiccio "ciclostilatoinproprio"? Ecco alcuni stralci del testo:
"Il centro polifunzionale al Borsalino. Si tratta di un centro polifunzionale multidisciplinare che utilizza professionalità medico-chirurgiche ed infermieristiche già presenti nelle strutture sanitarie alessandrine: cardiologica, fisiatrica, neurologica, neurochirurgica, ortopedica, pneumologica, rianimatoria ed urologica.

Il centro è orientato:

al recupero del politraumatizzato osseo e midollare, che gli garantisca la massima possibilità di autonomia e partecipazione alla vita sociale ed economica;

alla valutazione del paziente cardiopatico, alla prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica, alla riabilitazione post operatoria dell'operato di cuore;

al recupero del paziente pneumopatico e di supporto in molteplici campi della medicina e chirurgia."

Il documento non finisce qui. Vi è spazio anche per una sigla misteriosa ai più: RSA. "Significa Residenza Sanitaria Assistenziale ed è una struttura organizzata nella quale si garantisce l'assistenza infermieristica ed alberghiera a persone autosufficienti e no ed ai portatori di handicap."

Fin qui il gruppo di Consiglieri Comunali, che, nel parapiglia, fermano anche l'ultima superstite della dinastia dei Borsalino. È la signora Giovanna Usuelli, moglie di Teresio Usuelli, pronipote di Giuseppe Borsalino, a cui si deve la ricostruzione post-bellica della fabbrica e il successivo tentativo di rilancio.

Pure all'USSL70 si lavora ad un progetto di massima vero e proprio. Ecco cosa scrive l'architetto Pesce, capo del settore fabbricati, nel proporre la realizzazione di un "Centro di terapia semintensiva respiratoria e di Riabilitazione cardiorespiratoria, neurologica e motoria":

"Questo evento (l'alluvione, n.d.a.) e la constatazione dei danni che ne consegue, fanno pensare ad una riprogettazione anche funzionale dell'edificio, rilevato che le degenze pneumologiche che esso ospitava erano in ogni caso destinate in tempi relativamente brevi ad essere trasferite all'interno del presidio ospedaliero SS. Antonio e Biagio.

L'ipotesi per una ridestinazione funzionale del Presidio Ospedaliero "T. Borsalino" prevede altre e nuove destinazioni del fabbricato principale, anche un riutilizzo organizo dell'intero complesso edilizio, in modo tale da poter recuperare pienamente l'intera area a disposizione.

Il fabbricato principale, composto da due piani fuori terra, da un piano seminterrato disposti planimetricamente ad H e da un edificio posto centralmente, dovrà ospitare sui due livelli di ciascuna ala della H un centro di riabilitazione (cardiologica, pneumologica, ortopedica, geriatrica, neurologica) e sull'altra ala una RSA per anziani non autosufficienti.

Il livello seminterrato posto sulla verticale della degenza di riabilitazione ospiterà piscina, idroterapia ed altre attività a tale degenza collegate.

L'edificio centrale ospiterà al seminterrato la cucina, al piano terra ambulatori e reception, al primo piano attività di diagnostica e, nell'elevazione al secondo piano, studi medici.

Il recupero dell'intera area, come già sopra evidenziato, prevede per l'ex abitazione del Direttore la Destinazione a sede dell'Amministrazione, per gli edifici comnplementari alla Chiesa il loro riutilizzo come obitorio e camera mortuaria (...), per l'edificio ex lavanderia la destinazione a volume tecnologico.

Il fabbricato, un tempo destinato all'alloggio infermiere, sarà trasformato in residence-foresteria in considerazione del bacino di utenza (regionale) di un complesso sanitario come quello in oggetto, ed anche in considerazione di un suo utilizzo nell'ambito dell'azienda nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo".

Quale il costo presunto dell'operazione? Circa 18,5 miliardi di lire. Una cifra non proibitiva, vista anche la disponibilità di una somma a disposizione della Cassa Depositi e Prestiti (all'incirca 15 miliardi) che verrebbe girata all'Azienda Ospedaliera ad interesse zero, proprio per far fronte ad ulteriori spese connesse ai danni subiti dall'alluvione.

Un florilegio di iniziative

Il documento di riferimento per l'impegno del Comune di Alessandria nei confronti della ristrutturazione del Borsalino è prodotto dalla Commissione di studio sulla ricostruzione eriorganizzazione dei servizi ospedalieri del Consiglio Comunale. Nel suo primo rapporto, data febbraio 1995, i consiglieri Fabbio, Mazzoni e Pisani recepiscono l'iniziativa della petizione popolare e si incominciano ad addentrare più puntualmente nei problemi che la materia comporta:
"Occorre, proprio per verificare la reale necessità di un centro polifunzionale, che l'USL20 e l'AO analizzino i costi ogni anno affrontati per far assistere pazienti alessandrini presso le strutture convenzionate di Veruno e Montescano (...)". Sulla RSA, invece, la "commissione di studio propone una ricerca puntuale del bisogno di posti letto per non autosufficienti, che la nostra comunità deve offrire. Attualmente vi è da considerare che il bacino di pertinenza si è allargato notevolmente con l'inserimento delle realtà comunali del tortonese e che, pur individuando, in sede di indirizzo, due aree separate a cui orientare l'offerta, non devono essere escluse economie di scala che si creerebbero a ragionare in termini complessivi.

Il modello proposto di RSA è quello già funzionante al presidio Patria di via Pacinotti, cioè creare sinergie sanitarie con altri centri che vivano a stretto contatto con la RSA, in modo da non isolare i degenti e generare economie. All'interno del Borsalino il Centro polifunzionale potrebbe svolgere anche una funzione di questo genere nei confronti della RSA". Per l'Unità Spinale, altra "chicca" dell'operazione di recupero della struttura, volta alla riabilitazione dei politraumatizzati, viene riscoperta una vecchia delibera della Giunta Regionale del Piemonte, assunta il 30 dicembre 1987, nella quale si individuano i criteri di indirizzo relativi all'istituzione della Unità spinale nella Regione Piemonte per il quadrante nord ovest e sud ovest.

Se a nord ovest l'Unità spinale viene istituita, a sud niente è stato finora fatto. È una buona occasione per recuperare argomenti tradizionali fin che si vuole, ma che fanno prediligere Alessandria ad altri siti: il riequilibrio territoriale, la presenza di un Ospedale di interesse nazionale, la nascente divisione di cardiochirurgia, il completo sistema di grandi arterie che permette un facile accesso alla città e via di questo passo.

Pure la SO.M.I.PAR (Società Medica Italiana di Paraplegia), nel cui consiglio direttivo vi è un alessandrino, il prof. Dario Fiandesio, è da tempo impegnata nella battaglia per l'istituzione di Unità Spinali. I materiali vengono diffusi dal dr. Carmelo Boccafoschi, primario urologo dell'ospedale di Alessandria, che, in ogni modo, non è l'unico a sostenere l'idea che il Santi Antonio e Biagio troverebbe un suo avanzato e sofisticato completamento con la concretizzazione del progetto Borsalino.

Anche l'assessore regionale alla sanità, dr. D'Ambrosio, nella breve visita che dedica all'Ospedale cittadino, si dimostra entusiasta dell'operazione.

La rete solidale di cultura, politica, mondo delle professioni è ormai tessuta. Occorre solo perseverare negli sforzi.